Che storia stupenda! È la storia di una signora che viene da lontano, che si fa 5 ore di camper per stare qua alcuni giorni e dire: “Risolvimi un problema che porto avanti da più di 13 anni”.
Qual è questo problema?
È un male al collo incredibile che scende fino alle spalle, tale per cui rende davvero difficile condurre una giornata all’insegna dello star bene.
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Che storia stupenda! È la storia di una signora che viene da lontano, che si fa 5 ore di camper per stare qua alcuni giorni e dire: “Risolvimi un problema che porto avanti da più di 13 anni”.
Qual è questo problema?
È un male al collo incredibile che scende fino alle spalle, tale per cui rende davvero difficile condurre una giornata all’insegna dello star bene.
È impossibile condurre una giornata così perché ha dolore a muovere le braccia, a girare il collo, ha dolore in macchina se deve guardare dietro di sé, ha dolore nel 90% dei casi in cui deve muovere il collo e le spalle…diventa molto dura andare avanti così!
Che cosa faccio? Vedo questa donna.
Il primo giorno che la vedo inizio a lavorare su quello che è il suo disagio, mi racconta un sacco di cose, metto in fila quello che è la linea del tempo, ovvero la sua vita all’insegna dei disagi, malesseri e traumi.
Una volta che faccio questo inizio il mio lavoro e le dico che ci vediamo il giorno dopo, cosa che non faccio mai perché solitamente tra una seduta e l’altra occupo tra i 7-10-15 giorni in modo tale che il corpo possa andare incontro ad un assestamento dopo il lavoro. Ma in questo caso non posso e allora la rivedo il giorno dopo e le chiedo come sta, lei mi dice: “Sono stata bene qualche ora e poi di nuovo come prima, zero di zero risultati”.
Allora riparto, rivedo le cose, rianalizzo la questione e cambio direzione, le faccio un altro lavoro e ci vediamo il giorno dopo non alla mattina ma al pomeriggio, passa un po’ più di tempo e le chiedo come va
“Niente Daniele, zero. Io vedo che ti stai impegnando, vedo che stai facendo di tutto ma il risultato che ho è zero.”
Il terzo giorno appena entra dalla porta vedo che ha una facci abbattuta, gli occhi spenti, è scarica e ha un atteggiamento da vittima; la guardo, scatta in me qualcosa e le dico: “Adesso iniziamo a fare le cose serie perché questo tuo atteggiamento non mi aiuta”.
Le parlo così, lei sta al suo posto è molto coerente e mi dice: “Ok”
Le faccio allora una provocazione e le dico: “Oggi ti lavoro come non ho fatto fino ad oggi, perché non lo so, hai tirato fuori questa faccia da vittima che mi fa incazzare perché la vita è tua e se tu sei sotto alla tua stessa vita è un problema”.
Lei accetta la mia provocazione e nel pieno silenzio inizio a lavorarle il diaframma e lo faccio si con le mani, ma con l’intenzione di andare la dove non sono mai andato, mi sgancio dalla parte meccanica e non penso più come un terapista e faccio si che siano le mani a dirmi dove devo andare, cosa devo fare e come lo devo fare.
Passano alcuni istanti e lei inizia a piangere e mi dice: “Basta, basta!” si sente soffocare e sente un nodo in gola, così io la guardo e dico: “Ti fidi di me?” e lei: “Si, ma devi mollare, devi mollare” e io di nuovo molto dolcemente: “Ti fidi di me?” e lei: “Si!” continuo: “Allora continua a respirare” e la guido.
Lei continua a respirare, io la guido e la tranquillizzo e lei da questa paura, angoscia e nodo alla gola dice: “Cavolo, Daniele, mi viene in mente un episodio bruttissimo da bambina dove ho avuto una paura talmente grande, avevo 6-7 anni, non c’erano i miei genitori e mia sorella, così ho preso una grandissima paura e da quel momento Daniele ho smesso di respirare”
Questa donna ha 64 anni e ne aveva 6 quando lei stessa ha detto alle sue cellule “smettete di respirare” per la paura.
Quando sente questa paura tutto il suo corpo va in stress e paura, questa paura diventa tale tutte le volte che vede una situazione simile che le ricorda i suoi 6 anni. Ne ha 64 ora, quindi 58 anni che respira con la paura, anzi che non respira e smette di respirare.
E viene spontaneo chiedersi. “Ma come fa a smettere di respirare e vivere?” ce la fa, perché il corpo ti fa respirare da dove non può, ed ecco che gli è costato un dolore al collo lancinante, un intervento alla spalla senza neanche una soluzione, le è costato un dolore alla spalla, immobilità al collo e tanto altro.
Che cosa mi ha insegnato questa storia?
Mi ha insegnato che bisogna andare oltre e cambiare direzione, avere una intenzione fortissima e amare quello che si fa sapendo dove si vuole andare.
Poi non ti ho detto che questa storia ad oggi è cambiata, il dolore al collo e la tensione alla spalla sono diminuiti e dovrò rivederla ancora tra qualche tempo ma per adesso, diciamo: “fine primo tempo”.
Questa storia mi ha insegnato anche che le mani sono utili, certo, che la mente è utile, ma a volte ciò che deve parlare non è il pensiero ma sono quello che trasmettono i nostri sensi, il sesto senso e la voglia di provocarla, quella necessità di provocarla perché lei per prima mi ha provocato. Quella necessità di far parlare i sensi, come l’istinto e le mie mani perché sono loro che hanno guidato questo lavoro nella direzione di questo magnifico risultato.
Quindi ti dico che per star bene a volte è necessario andare oltre, far parlare quello che non parla mai, far tacere quello che parla sempre, cioè il pensiero, mentre a volte dobbiamo essere un po’ come i cani e fiutare quello che ci sta accadendo e succedendo perché il pensiero non è quello che serve.
Allora dico che per star bene:
Viva quella parte emotiva che è dentro di noi
Viva quella parte mentale che guida quella parte emotiva
Viva la voglia e il desiderio di arrivare al risultato, perché quel risultato ce l’abbiamo già dentro, lo abbiamo già visto e ottenuto.
Quindi ti dico che star bene per me è l’unione di parole e mani, è l’unione di mente e di sensi e star bene è una continua ricerca e una continua curiosità ed esplorazione e ti dico: SII CURIOSO.