Valentina ha 40 anni, entra in studio da me e quando le chiedo: “Perché sei qui?” lei mi dice: “Perché sento una pugnalata tra le scapole. Questo è il motivo principale, poi mi sento un po’ di gonfiore alle gambe e alle caviglie”. Lei è magra, in forma e ha questa pugnalata che non la molla.
Oltre a questo abbiamo lavorato sul suo respiro che io ho chiamato “Respiro da ladra” e questo le ha permesso di superare il giudizio, di ritrovare la sua brillantezza, bellezza e forza.
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Valentina ha 40 anni, entra in studio da me e quando le chiedo: “Perché sei qui?” lei mi dice: “Perché sento una pugnalata tra le scapole. Questo è il motivo principale, poi mi sento un po’ di gonfiore alle gambe e alle caviglie”.
Lei è magra, in forma e ha questa pugnalata che non la molla.
Nella prima seduta utilizzo il mio solito metodo, quindi con la linea del tempo individuo qual è il disagio.
Quand’è che parte questa pugnalata in mezzo alle scapole? Quando c’è uno screzio con una dipendente al lavoro e dopo questo screzio non risolto lei inizia ad avvertire questo disagio, ma non capisce perché non la molla. Ma quand’è che la molla?
Quando capiamo il perché, ovvero quando lei capisce attraverso un primo dialogo con me che una dipendente prima di lei se ne era andata facendo posto a quest’ultima, ma se ne era andata in cattivo modo perché non la tollerava ma Valentina voleva bene a questa ragazza e non aveva mai accettato questo abbandono allora attraverso la seconda dipendente che le ha fatto un torto, lei non l’ha sopportato e si è sentita pugnalare alle spalle.
Devo dire che appena capisce questa cosa, da li a qualche giorno la pugnalata sparisce quindi era più un fatto emotivo di non accettazione legato a questo aspetto.
Oltre a questo non c’era niente di meccanico, c’era qualcosina legata al seno, ma perché?
Lei aveva fatto un intervento estetico al seno per aumentare la taglia, ma da quando ha fatto l’intervento si è sentita in imbarazzo e si vergognava.
Questa vergogna la portava a quando era bambina, ad una educazione di nonni e zii piena di giudizi e quindi lei ha fatto quell’intervento per migliorare il suo aspetto, per vedersi più bella e con un seno più prorompente ma a livello emotivo profondo ha vissuto un senso di vergogna e quindi istintivamente si è chiusa con le spalle. Oltretutto questa chiusura emotiva era dettata anche da cicatrici dell’intervento, perché spesso queste cicatrici creano tensioni fasciali che naturalmente portano il corpo a proteggersi in questo caso in un atteggiamento di chiusura.
Abbiamo lavorato con un primo approccio sul dialogo, quindi su un primo torto subito da una dipendente che la riportava ad una non accettazione precedente e poi abbiamo lavorato su un aspetto di chiusura legato alle spalle curve, dovuto ad un senso di vergogna ancora più antico perché la riportava alla famiglia, ai nonni, agli zii.
Ma il gonfiore alle gambe? Sai quando ha iniziato a diminuire? Quando si è chiuso un ciclo con questa dipendente e da li a un mese ha iniziato a sgonfiarsi perché questo gonfiore nascondeva rabbia che abbiamo risolto attraverso il dialogo e attraverso il respiro sul diaframma.
Ma non solo, Valentina condivide il negozio con la mamma che è un po’ oppressiva perché mette sempre lo zampino nelle sue cose e invade il suo territorio. Quando le faccio capire che la mamma faceva così già da quando era bambina perché andava a rifargli la cameretta senza neanche bussare e chiedere il permesso, le dico: “Vai dalla mamma adesso in negozio e le dici che le vuoi parlare e le dici che ti dava fastidio da bambina questo suo atteggiamento e poi la abbracci e le dici che in negozio se deve modificare qualcosa esiste un dialogo tra di voi, parlatevi.”
Da quando ha fatto questo la sua mamma ha iniziato ad essere più dolce, ha iniziato a chiedere permesso e il loro dialogo è diventato di confronto, di crescita, ci si rispetta negli spazi e lei sente un rapporto molto più vicino.
Dov’è che avviene la svolta?
La svolta avviene nella terza seduta quando lavoriamo sul respiro. Facciamo un lavoro sul respiro talmente preciso che in una prima fase lei quando inspira e porta dentro aria lo fa bene, ma quando espira e butta fuori aria, l’aria esce silenziosa che neanche si sente.
Allora io alzo la musica e le dico: “Quando butti fuori l’aria devi superare un soffio più alto di quella musica”.
Inizialmente mi dice: “Non riesco” e soffia piano piano, ma io insisto e le dico: “senti il tuo soffio, alza la voce e alza il tuo soffio, butta fuori l’aria e goditi questo momento, perché sembra che fai un respiro da ladra così silenziosa.”
Allora lei continua e a un certo momento alza il suo soffio, lo butta fuori con più forza, supera il giudizio di sé stessa e inizia a ridere. Le scappa da ridere, non si trattiene e ride fino a che prova gusto a fare questo respiro.
Continuiamo per alcuni minuti a respirare in questo modo e la guido durante questo percorso. Naturalmente l’avevo già trattata a livello cervicale e le avevo fatto anche un lavoro sulla zona sacro-lombare perché da quel momento l’ho aiutata a sgonfiare le gambe e l’ho aiutata nella sensazione di gambe leggere.
Quindi ricapitolando: sacro, lombare, lavoro sulla cervicale e un lavoro di respiro.
Bene, continua a respirare butta fuori questo respiro con più forza, finalmente sente il suo soffio e quando lo sente le dico: “Bene, che cosa c’è, perché ridi?”
E le: “Rido perché da bambina mi dicevano che dovevo stare zitta altrimenti non ero una buona bambina”.
Ascolta bene queste parole: “Devi stare zitta altrimenti non sei una buona bambina”.
Questa cosa era diventata talmente vera per lei che soffiare forte, farsi sentire con la voce era diventato per lei sinonimo di non essere una buona bambina.
Quando questa cosa ha avuto il coraggio di superarla si è liberata. A quel punto le ho detto: “Bene, alzati in piedi”
Da in piedi le ho chiesto: “Quali sono le tue sensazioni?”
Lei mi dice: “Mi sento più luminosa, più contenta, più bella, più alta e più aperta”.
Che dire, abbiamo fatto un lavoro di respiro, sulla voce, sull’udito e lei mi dice che è più luminosa, più contenta, più bella, più alta e più aperta….che meraviglia!
Allora da lì io l’ho chiamato “Il respiro della ladra o il respiro del ladro”.
“A respirare tirando fuori la voce”, mi dice, “Mi sento più forte, più libra, un orso e forse farò la cantante (e si mette a ridere)”
Questa storia perché è bella?
Perché è sinonimo di come un respiro alterato nasconde uno stato emotivo che è bloccato e non è libero.
Allora questa ragazza ha ritrovato una emozione libera, ha ritrovato la sua lucentezza, brillantezza e la sua voce attraverso il respiro.
Che dire, grazie a te Valentina per questa disponibilità e per il coraggio di aver superato il giudizio. Sei un esempio per tutte le persone che vogliono tirare fuori la voce e per tutte quelle persone che se prima si vergognavano come te, adesso hanno il piacere di farsi vedere di dimostrare la loro bellezza, sia esteriore che interiore.