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Stagione 2 – Episodio 10: Storia di Alice

 

La Storia di Alice, che bella! Una ragazza giovane di 30 anni che quando viene da me dice di avere una tensione al trapezio sinistro, ma lavorando sul diaframma è emerso molto di più.

 

 

Leggi il testo completo dell’episodio:


La Storia di Alice, che bella! Una ragazza giovane di 30 anni che quando viene da me dice di avere una tensione al trapezio sinistro, quindi quel pezzo che va dal collo alla spalla.

È durato un paio d’ore un episodio due mesi prima e da li non è mai andato via quell’alone di fastidio.

Non c’è niente, è una persona senza nessun trauma; mi dice solo di aver portato l’apparecchio tra le elementari e le medie come molti dei ragazzi naturalmente, ma c’è stato un evento traumatico un annetto prima dove si è trovata a vivere la massima libertà in Erasmus quando era fuori, per poi tornare a casa e avere la sensazione di essere chiusa in gabbia.

È normale, è una ragazza, era fuori e tornando in casa non è poi così immediato l’adattamento e da li è iniziato il fastidio.

Il lavoro con lei inizia attraverso la solita rieducazione del respiro. Io educo sempre le persone a respirare bene attraverso il diaframma.

Le tratto poi il collo perché desidero alleviare quelle tensioni che sente, così parlando emerge un po’ di svalutazione al liceo e le dico di liberarsi di questa svalutazione perché non le fa credere in sé stessa.

È tutto molto semplice, quando la rivedo lei mi dice che sta meglio, ha scritto sulla svalutazione.

Faccio sempre scrivere il sentito e l’emozione con carta e penna scrivere e gettare via, perché questa sensazione a me da ragazzo liberava, mi faceva sentire meglio e fondamentalmente vivevo la scrittura come una liberazione.

Poi nascono alcune dinamiche con lei ma la più bella è stata quando decido di lavorarle il diaframma molto profondamente.

Quando le lavoro il diaframma molto profondamente e quindi lavoro sulle parti costali e poi sul plesso solare quindi proprio la bocca dello stomaco lei ha come un sospiro, un blocco come se si fosse spaventata e le ricorda quando ha avuto una stessa paura all’età di 7 anni dal dentista.

Naturalmente era una bambina e con lei c’era sempre la mamma. La mamma era sempre presente, ma le mancava il papà, quella figura che rappresenta il coraggio.

Lei mi dice: ”Ancora oggi se vivo delle situazioni particolari ho questo attacco di panico che non riesco a controllare”

Ma la paura emersa che l’ha riportata al dentista di quando aveva 7 anni le ha aperto uno spiraglio, perché il dentista se lo ricorda con quel bisturi in mano di acciaio e si ricorda di quella mamma presente e di quella paura che viveva negli occhi della mamma. Quando invece in quel momento avrebbe voluto il papà che il quel momento era al lavoro, ma che rappresentava per lei il coraggio.

È stata bellissima questa cosa, perché poi lei mi ha detto: “Quindi cosa mi consigli di fare?”

Beh, intanto le ho consigliato come sempre di scrivere la paura del dentista che ha avuto a 7 anni e di gettarla via. Questa è la prima cosa.

Poi le ho chiesto anche di scrivere di tutte le volte nelle quali le è mancato il suo papà e lo avrebbe voluto con lei. Poi le ho detto di chiedere al suo papà un dialogo e di raccontargli quello che è successo e che le era mancato e le ho detto di abbracciarlo tanto. Di abbracciarlo come se fosse la figlia e come se fosse la mamma del suo papà.

È bellissimo perché questo tipo di lavoro di consapevolezza l’ha fatta sentire sollevata. Prima aveva sentito paura, un blocco, il plesso solare fermo che non poteva esercitare la sua funzione e la bocca dello stomaco chiusa che dopo aver fatto questo dialogo si è aperta, lasciandole una pancia più distesa, un collo più rilassato e la voglia di andare dal papà e dirgli che gli vuole bene perché sono passati più di 20 anni ma quella bambina ha tanta voglia di dirgli quelle parole.

Che cosa mi ha insegnato questa storia?

Mi ha insegnato che quando lavoro sul corpo ed esercito delle pressioni sul corpo, vado a stuzzicare il corpo e aprire dei cassetti nei quali ci sono nascoste delle memorie. Queste memorie che sono emozioni in automatico riemergono, escono fuori e sui fanno sentire nel corpo e il corpo le accetta e si rilassa perché non deve più nascondere niente.

È la stessa metafora di quella persona, di quel bambino che è teso e non respira perché sta giocando a nascondino e non si vuole far trovare. Ma nel momento in cui la situazione è serena lui è libero di uscire, di respirare e di tirare un grande sospiro di sollievo.

Star bene significa respirare!

 

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